Sono partito sabato, controvoglia, avvisato solo una settimana prima dal consolato americano, quello di Napoli che non si sa per quale idea in controtendenza è stato nominato riferimento burocratico di 4 stati. Per trovare un biglietto all’ultimo minuto, in questo luglio dove sembra che tutti gli americani vogliano riscoprire le loro origini europee tornando a casa dicendo beautiful, ho dovuto disturbare anche il mio secondo cugino cardinale, e comunque pagare da milionario. Sul volo Air France c’erano due persone che conosco, Mario e Laura, che non stanno insieme, ma i due nomi suonerebbero bene insieme, come Renzo e Lucia, Paolo e Francesca, Giulietta e Romeo, penso ad un nome che suonerebbe bene con il mio, non lo trovo, sto propio diventando misogeno.

Mi piazzo nel’albergo più vicino al consolato, sul lungomare Caracciolo, vicino agli aliscafi e alla stazione Mergellina, la logistica compensa l’edificio decadente e le camere imbucate senza vista. Saranno i calzoncini bianchi corti, i capelli rasati, la carnagione chiara e la faccia da Nord, ma tutti si rivolgono a me in inglese, come fossi un soldato Nato, a volte sto al gioco a volte no. La mattina di lunedì solite file, come mi aspettavo un bestiario di tutti i paesi, mi viene immediato il parallelismo tra la decadenza dell’impero romano e quello americano, solo che adesso, con la civiltà, le orde dei barbari chiedono il permesso di immigrazione per entrare. Lì faccio amicizia con Maurizio, ingegnere torinese emigrato ad Austin (Tx), piu’ giovane di me (meno vecchio?) e molto sveglio, poveri natali, preciso, preparato, disciplinato ed ambizioso. È lui che mi racconta tutti i particolari con i quali riesce a spaventarmi, mi dice che prima dell’intervista ti annullano il visto e se per caso non dovessero rilasciarti la Green Card, non potrei piu’ lavorare in USA ma rifare una nuova procedura. Ci fanno la visita medica, sembra quella militare, prelievo del sangue (con test AIDS), X ray, martellata al ginocchio e toccatina di coglioni (tra l’altro il medico non pareva del tutto dispiaciuto). Finita la selezione da allevamento di buoi, con Maurizio si sale sul primo aliscafo per Capri, visita ipercondensata, grotta azzurra, marina, funicolare, Capri paese, passeggiata fino ai faraglioni, la peggiore capirina della mia vita in piazzetta, il tutto in 4 ore e 20 minuti netti. Al ritorno ci viene a prendere un locale amico di Maurizio, ci porta in un ristorante tipico posseduto da Mimi’ (di potente famiglia camorrista), che ci tratta come un padrino tratta i suoi figliocci, mi dicono di non lasciare niente nel piatto se no Mimì si incazza. La notte cominciano i problemi, una paura angosciosa mi afferra, e se domani mattina mi dicono che sono sieropositivo, mi tolgono il visto e mi riportano alla unità locale di Miami. Tutto si annebbia, non piu’ lavoro, non piu’ famiglia, non piu’ USA, mia madre in un ospedale di matti, angoscia tutto il tempo. Coprire la cosa o dirla a tutti? E come coprire agli amici che non ho avuto la Green Card, all’azienda che non posso piu’ tornare a lavorare, a me stesso di costruirmi un futuro e vivere come ho fatto finora. Non importa quanto sono stato attento, 5 anni (in Argentina feci il test) di vita sessuale molto movimentata, lo rendono possibile, 2 tattoo dall’ora e poi l’assistente del dentista mi aveva chiesto guardandomi la bocca se avevo malattie, forse aveva visto qualcosa. Devo trovare qualcosa a cui pensare abbastanza forte da confondere i timori, e da li’ comincio a concentrarmi su immagini erotiche, io con due orientali, io con un amico che facciamo un servizio completo ad una procace ragazza bionda, ecc…

Il risultato e’ che non dormo tutta la notte, alla mattina; sono un po’ stanco e la paura riprende in pieno, ma con la solita impassibilita’ esteriore Maurizio non se ne accorge. L’attesa non dura molto, sono uno dei primi che chiamano per l’intervista, cio’ vuol dire che sono sano come un pesce, entro nell’ufficio del console come un gladiatore entra nell’arena, pronto a rispondere a qualsiasi lunga, intrigante domanda che mi avesse posto. Questo assomiglia piu’ ad un maggiordomo inglese che ad un console, e invece di farmi delle domande, da quei baffetti mi dice che alla documentazione manca il congedo militare. Mi trova impreparato, io gli bofonchio mezzo in italiano e mezzo in inglese che le istruzioni dicono che deve portarlo chi ha servito come militare e dato che io ero stato esonerato

l’avvocato mi ha detto che non ne avevo bisogno. Lui mi da’ ragione, che le istruzioni non sono chiare, ma che comunque senza congedo la carta verde non me la da’. Gli comincio a piantare una grana, poi mi accorgo di fare una stupidaggine e mi fermo, gli sorrido, bacio le mani e gli dico che lo trovero’. Che cazzo di intervista, il congedo è a Bologna, i miei in Sardegna, io a Napoli senza chiavi, chiamo il distretto militare nel tentativo di farmi mandare una copia per fax, mi spaccio come viceconsole USA, il terruncello che mi risponde probabilmente non sa la differenza tra un caciocavallo ed un console e mi dice che senza Maresciallo lui non e’ autorizzato a spedire niente. Io gli chiedo quando torna il Maresciallo e lui mi risponde che e’ in vacanza fino al 21 di Agosto. Da vero vicenconsole lo mando a quel paese e gli sbatto il telefono in faccia.

Non c’e tempo di fare altri tentativi, vado alla stazione centrale e prendo un Eurostar per Bologna, prima pero’ riesco a parlare con mia madre che tra un poverino, robe da pazzi, mangia, dormi e stai attento mi dice che hanno lasciato una copia delle chiavi ad un conoscente. Arrivo a Bologna, prendo le chiavi, vado a casa, rovescio i cassetti, trovo il congedo e comincio a chiamare gli amici, ho 5 ore prima del treno di ritorno. Non trovo nessuno, tutti i miei amici dal piu’ bastardo al piu’ noioso sembrano spariti. Comincio a fottermene, amo girare a zonzo d’estate per il centro della mia città, è una splendita notte, tutti gli universitari rimasti per gli ultimi esami sono in strada, le osterie riversano i loro tavoli e sedie nei portici, come un fiume di allegro legno che straripa dalla solenne pietra dove era stato arginato. Comunque comincio a capire cosa deve sentire un fantasma, non conosco nessuno, passo completamente inosservato con gli occhi che ricordano i luoghi di vicende passate, le feste, gli incidenti in moto, la scuola, le case dei passati amori, le risate, le risse e le stagioni. Non e’ piu’ il mio tempo, non piu’ il mio territorio dove tutto era una conquista ed il futuro solo un fatto di scelta di cosa volevamo essere.

Aspettando il treno, la lapide della bomba, 82 persone morte ancora non si sa’ perche’, salendo sul treno il controllore divide pedissequamente i negri dai bianchi in scompartimenti diversi, abbiamo anche la serratura per chiuderci dentro, è così romantico. Arrivo a Napoli, altre ore di attesa, alla fine c’è l’ho, il Santo Gral, bacio, metto in saccoccia ed e’ subito sera (direbbero). Arrivato a Termini viene il classico burino romano che mi offre una camera ad un prezzo accettabile, prendo e con la camera mezz’ora di cazzate. Questo quarantenne recentemente laureato in Economia ha pensato che tentera’ la fortuna ad Atlanta, mi scappa detto che ci ho vissuto e non mi molla piu’. Gli dò in pasto anche il tuo numero di telefono per farlo star buono (non è poi un così brutto uomo). Roma è bellissima, scatto un po’ di foto a vari barboni che dormono in strada, ai piedi di una vetrina, sulla classica panchina, bevo abbastanza e mi sento un canarino. L’aereo è in ritardo, a Miami due ore all’immigrazione; uscito mi hanno perso le valigie, mi avvio verso il taxi senza pesi ma stanco, tutt’altro che una sensazione fisica, mi accorgo di essere a Miami, libero dal mio passato e vuoto per non possederlo,

Massimo Magnani, Economista, dirige gli uffici della WAM a Miami.